La diffusione del Covid 19 ha avuto effetti significativi sui rapporti di lavoro transfrontalieri. A causa delle restrizioni introdotte per fronteggiare l’epidemia, molti dipendenti, appartenenti alla categoria dei lavoratori transfrontalieri, non possono più recarsi nel paese di impiego e sono costretti a svolgere la propria attività nei paesi di origine.
Questa situazione ha sollevato interrogativi sul diritto di tassazione tra i paesi.
Modello di convenzione fiscale dell’OCSE e analisi dell’OCSE
Secondo l’Art. 15 del Modello di Convenzione fiscale dell’OCSE che disciplina la tassazione internazionale dei redditi da lavoro dipendente, il reddito percepito dal dipendente è connesso al luogo in cui viene esercitato il rapporto di lavoro. Questo principio è ripreso in diversi trattati sulla doppia imposizione (DTT), che definiscono i diritti di tassazione dei paesi in relazione alla presenza fisica del dipendente durante lo svolgimento delle attività per le quali viene pagato il reddito da lavoro dipendente. Di conseguenza, nel caso dei lavoratori frontalieri che lavorano dal loro paese d’origine, il reddito percepito sarebbe attribuibile al loro paese di residenza.
All’inizio della pandemia il presidente dell’OCSE ha dichiarato che la diffusione del virus potrebbe determinare un mutamento nella determinazione della tassazione. Il 3 aprile 2020 è stata pubblicata un’analisi del DTT relativa all’impatto della crisi, in particolare nella sez. 4 “Preoccupazioni relative ai lavoratori transfrontalieri”. L’OCSE ha specificato che “circostanze eccezionali richiedono un livello eccezionale di coordinamento tra i paesi per mitigare i costi, per i dipendenti e i datori di lavoro, associati al cambiamento involontario e temporaneo del luogo di lavoro” e che sta lavorando con i paesi per mitigare le implicazioni fiscali non pianificate e potenziali nuovi oneri derivanti dagli effetti della crisi COVID-19.
La prospettiva della Svizzera
La SIF, Segreteria di Stato svizzera per le finanze internazionali ha concluso accordi di reciprocità con i paesi confinanti quali Germania, Francia e Italia, a tutela dei lavoratori transfrontalieri che sono costretti a lavorare da casa a causa della pandemia. Per quanto riguarda il Liechtenstein e l’Austria, al momento non sono stati conclusi accordi reciproci.
Secondo tali accordi, che costituiscono un’applicazione eccezionale e provvisoria, i giorni di lavoro svolti nel Paese di residenza vengono valutati come giorni lavorati nel luogo in cui la prestazione si sarebbe svolta in assenza delle restrizioni Covid. In questo modo i due stati contraenti continuano ad esercitare i propri diritti di tassazione.
Per quanto riguarda l’amministrazione dei singoli cantoni svizzeri, quelli di Zurigo e Basilea hanno stabilito che il lavoro svolto dai lavoratori transfrontalieri, nei paesi di residenza, sarà soggetto alla ritenuta alla fonte svizzera.
Non tutti i paesi, però, si sono adeguati alle dichiarazioni dell’OCSE. Il Regno Unito, per esempio, ritiene che l’imposta sul reddito è dovuta nel luogo in cui la prestazione si svolge a prescindere da dove sarebbe dovuta avvenire.
È chiaro, dunque, che numerosi sono i dubbi e le contraddizioni e che potrebbero aumentare nel tempo. Per una maggiore chiarezza e stabilità sarebbe opportuno che i Paesi avviassero delle procedure di mutuo accordo (MAP).