Italia: Tipicità ed atipicità nei diritti reali

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Civile Ord. Sez. 5, n. 27067 del 2024

Nel nostro ordinamento giuridico il principio di tipicità è tra i più noti e studiati in assoluto. Esso permea non solo il diritto civile, materia qui oggetto di interesse, bensì anche il diritto amministrativo (si pensi, ad esempio, al principio di tipicità degli atti e dei provvedimenti amministrativi). Focalizzando l’attenzione più propriamente sul diritto civile, occorre precisare che la massima esternazione del principio di tipicità si rinviene in particolar modo nel “genus” dei diritti reali con le dovute critiche della dottrina e della giurisprudenza più accorta.

Procedendo con ordine e per gradi, tale principio era non solo ben noto nell’Anciant Regime, bensì trovava origine nel diritto romano.

Al fine di comprendere la ratio del concetto di tipicità, appare opportuno definirlo ed individuare terminologie affini.

Ebbene, la tipicità implica l’esigenza di una esplicita previsione (naturalmente normativa) dell’ordinamento.

In altri termini è tipico ciò che è riconosciuto dal sistema giuridico in forma possibilmente normativa. Concetto strettamente collegato al principio di tipicità è, infatti, quello di nominatività. La vicinanza concettuale non deve, tuttavia, indurre a ritenere e credere che i due concetti siano sovrapponibili. Ciò in quanto la tipicità è strettamente collegata al principio di legalità ed è oggetto di esplicito riconoscimento da parte dell’ordinamento.

Risponde, invece, al principio di nominatività l’espressa indicazione di un determinato concetto giuridico con annessa attribuzione di un nomen che ne renda certa l’identificazione.

Definito il principio di tipicità ed i suoi corollari ed evidenziate le origini storiche, occorre comprendere in quali settori del diritto civile esso operi maggiormente.

Prima di affrontare il tema dei diritti reali, infatti, occorre ricordare che il principio in questione è ben noto nel settore dei contratti: la civilistica italiana conosce bene i contratti tipici ovvero i contratti che trovano espressa menzione nel codice civile ed in leggi speciali (si pensi alla legge n. 124 del 2017 in materia di leasing immobiliare), così come conosce i contratti atipici, ovvero sprovvisti di disciplina legislativa i quali richiedono, pertanto, una attività di ricostruzione dell’assetto normativo.

La tipicità connessa al sistema dei contratti si ripercuote nei diritti reali ma con chiara ed immensa diversità di ratio.

Se, infatti, i contratti sono governati in massima parte dall’autonomia negoziale (ragion per cui l’atipicità rappresenta la regola, la tipicità l’eccezione, resa necessaria al fine di salvaguardare la libertà negoziale delle parti e la circolazione delle “res in commercium”), nei diritti reali vale la regola opposta: l’obiettivo del “numerus clausus” dei diritti reali era quello di garantire la certezza dei traffici giuridici, impedendo, così, nell’ipotesi di diritti reali su beni altrui (ius in re aliena), la creazione di diritti di nuovo conio non conoscibili al momento degli atti di acquisto.

L’oggetto di tutela, a prescindere dalla considerazione secondo la quale la tipicità dei diritti reali sarebbe espressione della longa manus del governo sui patrimoni dei consociati, è dunque la certezza del diritto e dei traffici giuridici e commerciali. In altri termini, la funzione che si attribuiva al principio di tipicità aveva la stessa “cogenza” del regime della trascrizione.

Scopo ultimo, quindi, era la corretta gestione soprattutto dei contratti con effetti traslativi (in primis, vendita e donazione) al fine di impedire che la circolazione dei beni mobili ed immobili non riuscisse ad assicurare all’acquirente la certezza dei pesi di cui era gravato il bene di volta in volta oggetto del contratto.

L’esigenza di certezza del diritto ci si chiede se possa realmente assurgere a principio intangibile, tanto da rendere impossibile che il “numerus clausus” di questi diritti dotati dei caratteri della immediatezza, assolutezza ed inerenza alla res (e perpetuità ed elasticità nell’ipotesi di diritto di proprietà) si possa “aprire” all’idea di nuove fattispecie atipiche oppure se, per contro, non sia possibile procedere ad una deroga in tal senso.

Ebbene, la risposta al quesito è difficile da fornire.

Ciò in quanto, nella realtà dei fatti, si è riscontrato un ampliamento del numerus clausus dei diritti reali, ma tale ampliamento ha reso necessaria una vera e propria fase di creazione legislativa di tali nuovi diritti reali.

E’ questo il caso dei diritti edificatori, oggi codificati, i quali in un primo momento sono stati considerati alla stregua di diritti reali atipici ed in un secondo momento sono stati oggetto di esplicita previsione legislativa.

L’atipicità del diritto in questione veniva supportata dal “mezzo” (il contratto) attraverso il quale il predetto diritto veniva costituito. In altri termini, il diritto reale edificatorio atipico, prima di essere disciplinato legislativamente, veniva creato a mezzo di un contratto.

Si è detto, infatti e non a caso, che i contratti possono, senza limiti di sorta, essere atipici.

Ciò spiega per quale ragione il rapporto tra atipicità dei diritti reali e contratto attraverso il quale i diritti reali atipici venivano costituiti giustificasse la deroga al principio di tipicità anche nell’ottica dei diritti reali tipici: si pensi, infatti, al caso delle servitù prediali atipiche.

Pur essendo la servitù un diritto reale tipico in quanto esplicitamente previsto agli artt. 1027 e ss. del codice civile, sono pur sempre ammessi profili di atipicità della definizione dell’istituto: si pensi alla possibilità di delineare il tipo di peso da imporre su un fondo in via “consensuale”.

Si tratta, volendo operare un paragone con i contratti, di una ipotesi simile all’art. 1322 comma primo: il primo comma della disposizione, infatti, prevede che le parti possano liberamente determinare il contenuto del contratto tipico nei limiti imposti dalla legge.

Ciò implica che anche gli schemi contrattuali tipici, al pari delle servitù prediali tipiche, possono essere arricchiti da elementi atipici previsti dalle parti.

Non a caso, infatti, le servitù prediali possono essere costituite “ex contractu” e gli stessi diritti edificatori erano stati considerati in prima battuta diritti reali atipici discendenti da contratti ad effetti reali, consistenti nella cessione di cubatura o volumetria edificatoria.

Secondo una diversa visione, invece, i su indicati contratti erano contratti ad effetti obbligatori discendenti dall’imposizione di un obbligo di astensione dal costruire con una determinata volumetria edificatoria.

L’atipicità, inoltre, ha acquistato un notevole impatto nell’ottica dei cd. diritti reali di garanzia: ma in senso negativo, ovvero preclusivo della portata espansiva del “numerus clausus”.

Più precisamente, è noto che i diritti reali di garanzia si identificano nel pegno e nell’ipoteca. A tutela della loro ratio si pone il divieto di patto commissorio ex art. 2744 cc. che, non a caso, è posto a tutela, oltre che della par condicio creditorum e della figura del debitore, anche del principio di tipicità.

Per espressa previsione dell’art. 2744 cc, tramite tali diritti reali di garanzia, è impossibile per il creditore trattenere presso di sé beni del debitore di valore eccedente il credito, senza restituire al debitore stesso quell’eccedenza. A tale problematica la dottrina e la giurisprudenza hanno ovviato, ad esempio in ipotesi di sale and leaseback, ipotizzando la formazione del cd. patto marciano, che, per l’appunto, obbliga alla su indicata restituzione.

Tale principio rende agevole comprendere per quale motivo non siano ammesse forme ulteriori atipiche di diritto reale di garanzia.

Non a caso, le vendite con funzione di garanzia sono nulle per contrarietà a norma imperativa ex art. 1344 cc.

In conclusione, appare evidente come la tipicità nei diritti reali (anche di garanzia) sia alla base dei principi di certezza del diritto, di tutela dei traffici giuridici, di tutela dei contraenti e dei soggetti più deboli del rapporto obbligatorio.

Pertanto, appare evidente come sia più difficile parlare di atipicità dei diritti reali se non sotto il profilo della integrazione degli aspetti tipici delle servitù prediali, esempio che, a tal fine, si è scelto di riportare.

Ciò non toglie che l’esempio dei diritti edificatori, altra ed ulteriore espressione del principio di tipicità dei diritti reali, lasci propendere per la possibilità di ampliamento del catalogo a seconda delle esigenze del tessuto sociale, a condizione che tale particolare esigenza di espansione del numerus clausus a mezzo della prassi, della dottrina e della giurisprudenza si traduca in una forma di tipizzazione a mezzo dell’attività del legislatore.

 

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* Civile Ord. Sez. 5 Num. 27067 Anno 2024

* Presidente: STALLA GIACOMO MARIA

* Relatore: DELL’ORFANO ANTONELLA

* Data pubblicazione: 18/10/2024

RILEVATO CHE: Giovanni Vosa propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania aveva parzialmente accolto gli appelli, riuniti, proposti dal Comune di Salerno avverso le sentenze n. 343/2021 e 344/2021 emesse dalla Commissione tributaria provinciale di Salerno in accoglimento dei ricorsi proposti da Giovanni Vosa avverso avvisi di accertamento IMU 2014-2015, illustrato da ultimo con memoria difensiva; il Comune è rimasto intimato; con successivo ricorso il Comune di Salerno propone ricorso, affidato a due motivi, avverso la medesima sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania dianzi indicata; il contribuente è rimasto intimato.

CONSIDERATO CHE: 1.1. con il primo motivo di ricorso principale il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 13, comma 2, D.L. n.201 del 2011, nonché dell’art.9, comma 1, D.Lgs. n.23 del 2011, cui fa rinvio l’art. 13, comma 1, del D.L. n. 201 del 2011, lamentando che avendo ad oggetto l’avviso di accertamento impugnato un’area agricola di cui il contribuente è comproprietario, che Corte di Cassazione – copia non ufficiale 3 doveva essere acquisita – gratuitamente – dal Comune di Salerno, a fronte del riconoscimento di diritti edificatori su altre aree di terzi, non ancora individuate, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado avrebbe erroneamente omesso di escludere «la natura reale del diritto correlato al bene oggetto di tassazione …(senza) … rileva(re)… la nullità dell’avviso di accertamento per difetto del presupposto impositivo»;

1.2. con il secondo motivo il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza, in violazione dell’art. 1 e dell’art. 36 del D.Lgs 546/1992 in combinato disposto con l’art.132 n.4 cod. proc. civ., e dell’art. 118 disp att. cod. proc. civ. per omessa pronuncia in relazione alla «preliminare … questione, oggetto di contraddittorio tra le parti, relativa all’accertamento della natura dei diritti edificatori oggetto di imposizione fiscale, per stabilire se rientranti in un programma di perequazione urbanistica o di compensazione urbanistica e, in tale ultimo caso, insuscettibili di prelievo fiscale»;

1.3. con il terzo motivo il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., nullità della sentenza, con violazione dell’art. 1 e dell’art. 36 del D.Lgs 546/1992 in combinato disposto con l’art.132 n.4 c.p.c, e dell’art. 118 disp att. c.p.c., «per motivazione apparente e contraddittoria, in quanto i Giudici di secondo grado, pur avendo riscontrato, sulla base delle incontestate perizie di parte allegate dal …(contribuente)…, la sussistenza di una sensibile riduzione del valore di mercato delle aree solo potenzialmente edificabili, riformavano la sentenza di primo grado che, invece, aveva dichiarato la nullità dell’avviso di accertamento e rideterminavano il valore venale delle aree, che veniva stabilito … in €.50,00 per mq. senza procedere ad alcuna verifica di tipo tecnico e senza indicare le ragioni e le fonti di prova sulla base delle quali erano giunti a tale valutazione … (limitandosi)… a generiche ed inammissibili ragioni “equitative” e quindi a criteri … forfettari e come tali certamente inidonei a fondare la decisione e comunque a far comprendere alle parti il ragionamento seguito dal Giudice al fine di giungere alla decisione»;

1.4. con il quarto motivo il contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 504/1992, per avere «i Giudici di secondo grado … omesso di valutare l’incidenza dei vincoli riscontrati ed accertati, ai fini della determinazione del valore commerciale delle aree oggetto di contestazione, incorrendo nella violazione dei parametri di riferimento previsti dall’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 546/1992, per la determinazione del valore venale dell’area oggetto di accertamento, ai fini della determinazione dell’imposta»;

1.5. con il primo motivo di ricorso incidentale il Comune denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione «del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 5, comma 5, e dell’art. 115 c.p.c.» e lamenta che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado, nonostante l’ampia produzione documentale dell’appellante, sia pervenuta ad una «stima del valore sostanzialmente ‘equitativa’ non ancorata a parametri legali, limitandosi ad effettuare …(una)… deduzione “ad una media ponderata di riduzione del valore di mercato delle aree potenzialmente edificabili” e riconducendo la valutazione “nell’ambito equitativamente stimato di E. 50,00/mq., valore intermedio determinato dalle contrapposte esigenze dettate da disposizioni regolamentari ed interessi di parte … con conseguente riduzione dell’imposta…” ma senza … chiarire perché abbia ritenuto di discostarsi dai criteri legali di valutazione e come il valore … indicato sia stato concretamente determinato»;

1.6. con il secondo motivo il Comune denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione «della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 162, e del D. Lgs. n. 546 del 1992, art. 2» per avere la Corte di giustizia tributaria di secondo grado erroneamente omesso di tener conto, ai fini IMU, dell’edificabilità in astratto del suolo, ovvero della sua potenzialità edificatoria, anche non immediatamente attuabile, purché il suolo sia incluso in un PRG anche solo adottato, e del «“principio della perequazione urbanistica” per effetto del quale tutti i suoli compresi in un Comparto (indipendentemente dalla loro formale destinazione) generano sempre diritti edificatori, esercitabili anche in zone diverse del territorio rispetto all’area oggetto dell’accertamento»;

2.1. preliminarmente va evidenziato che il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso, ma quest’ultima modalità non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, in ricorso incidentale, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi, e detto termine decorre dall’ultima notificazione dell’impugnazione principale nel caso in cui tale impugnazione sia stata notificata anche alla parte che propone l’impugnazione incidentale (cfr. Cass. n. 27680 del 2021; Cass. n. 11602 del 2002);

2.2. nel caso in esame, quindi, il ricorso del Comune, da qualificare come incidentale, notificato a Giovanni Vosa in data 29/5/2023, successivamente alla notifica del ricorso effettuata da quest’ultimo nei confronti del Comune il 25/5/2023, deve ritenersi ammissibile in quanto tempestivamente notificato;

2.3. occorre inoltre evidenziare che ai sensi dell’art. 371, comma 4, cod. proc. civ., per resistere al ricorso incidentale il ricorrente principale (salvo che non intenda difendersi solo in sede di discussione orale) può proporre controricorso tempestivamente notificato, ma non può produrre prima dell’udienza una semplice memoria, della quale, quindi, non va tenuto conto (cfr. Cass. n. 1542 del 25/01/2021);

2.4. ne consegue che Giovanni Vosa, ricorrente principale, non poteva con memoria replicare al ricorso incidentale del Comune, non avendo in relazione a quest’ultimo notificato controricorso, cosicché la memoria depositata dal ricorrente principale è inammissibile nella parte in cui fa riferimento ai motivi del ricorso incidentale;

3.1. poste tali premesse, deve rilevarsi che le circostanze sopravvenute, allegate nella memoria del ricorrente principale, non assumono rilevanza nel presente giudizio;

3.2. in primo luogo, l’ordinanza di questa Corte n. 2097 del 2024 è stata adottata in un giudizio nei confronti di altro contribuente e dagli atti prodotti non è possibile individuare i terreni a cui si riferisce e verificarne l’eventuale coincidenza con quelli oggetto del presente giudizio, trattandosi, peraltro, di un provvedimento con cui è stata cassata una sentenza di appello, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, sicché occorre attendere la decisione di merito all’esito del giudizio di rinvio per verificare l’effettiva portata del giudicato;

3.3. con riguardo, poi, alle varianti urbanistiche intervenute, va ribadito che esse rilevano per le future annualità di imposta e non per quelle anteriori, oggetto del presente giudizio, essendo stato già precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Cass., Sez. U., n. 25506 del 2006);

4.1. a seguire, il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, vanno disattesi;

4.2. la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che si ha motivazione omessa o apparente quando il giudice di merito omette di indicare, nel contenuto della sentenza, gli elementi da cui ha desunto il proprio convincimento ovvero, pur individuando questi elementi, non procede ad una loro disamina logico-giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. n. 16736/2007);

4.3. ciò non ricorre nel caso in esame, laddove i giudici d’appello hanno affermato, con idonea motivazione, la legittimità dell’avviso di accertamento, ritenendo congruo il valore venale dei beni tassati, rilevando che «l’assetto urbanistico di potenziale seppur limitata potenzialità edificatoria esistente nelle annualità 2014 e 2015 oggetto di causa incideva sul valore venale dell’epoca», rientrando la fattispecie nell’ipotesi di perequazione urbanistica (con conseguente infondatezza anche della censura relativa all’omessa pronuncia sul punto), ritenendo, infine, opportuna, anche «a fronte di una perizia di parte che ha prospettato una sensibile riduzione del valore di mercato delle aree solo potenzialmente edificabili», procedere ad una «media ponderata di riduzione del valore di mercato delle aree potenzialmente edificabili, da ricondursi nell’ambito equitativamente stimato di E. 50,00/mq., valore intermedio determinato dalle contrapposte esigenze dettate da disposizioni regolamentari ed interessi di parte … con conseguente riduzione dell’imposta»;

4.4. si tratta di una motivazione che non può considerarsi meramente apparente, in quanto esplicita le ragioni della decisione, ed i profili di apoditticità e contraddittorietà della motivazione, censurati col motivo in esame, dunque, quand’anche sussistenti, non vizierebbero tale motivazione in modo così radicale da renderla meramente apparente, escludendone l’idoneità ad assolvere alla funzione cui all’art. 36 d.lgs. 546/1992 (cfr. Cass. n. 5315/2015);

5.1. il primo motivo di ricorso principale ed il secondo motivo di ricorso incidentale vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi;

5.2. in diritto va premesso, come già affermato da questa Corte in tema di ICI (ma sulla base di principi applicabili anche all’IMU), che l’assoggettabilità a tale imposta di un’area, individuata in un programma di compensazione urbanistica come destinataria del trasferimento di un diritto edificatorio, si determina solamente a seguito del perfezionamento della procedura disposta per l’accordo di programma, ove prevista, con la conseguente approvazione dei piani urbanistici e delle relative varianti ai PRG, attraverso l’individuazione esatta delle volumetrie concordate in compensazione e l’identificazione precisa delle aree per il tramite degli identificativi catastali (cfr. Cass. n. 1038 del 16/01/2023; Cass. n. 37934 del 02/12/2021; Cass. SU. n. 23902 del 29/10/2020);

5.3. è stato poi precisato che, posta la rilevanza della mera potenzialità edificatoria, è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene direttamente attribuito ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque, nell’area interessata dal piano di intervento, un indice perequativo costante di edificabilità, che diviene una qualità intrinseca del terreno; diversamente, non è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della compensazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene attribuito al privato un indice di capacità edificatoria fruibile su un’altra area, che può essere individuata anche successivamente, a fronte della cessione dell’area oggetto di trasformazione urbanistica, ovvero dell’imposizione su di essa di un vincolo di inedificabilità assoluta o preordinato all’esproprio, con la conseguenza che, in tale caso il diritto edificatorio non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso (cfr. Cass. n. 26895 del 05/10/2021);

5.4. invero, la perequazione urbanistica ha finalità equitativo redistributive, in quanto ripartisce la capacità volumetrica su vari terreni, con possibilità di suo «atterraggio» su altro terreno, diverso da quello di «decollo», mentre la compensazione urbanistica ha finalità compensativo indennitaria e trae origine dalla perdita di edificabilità dell’area di decollo, su cui viene apposto dall’Amministrazione un vincolo di inedificabilità o di esproprio, con conseguente apertura di un procedimento amministrativo, che individua l’area di «atterraggio», ove esercitare la capacità edificatoria da parte del titolare del fondo di decollo, e la fase intermedia, cd. del «volo», vede il diritto edificatorio circolare separatamente dal fondo che l’ha originato;

5.5. nel caso in esame, dalla sentenza impugnata emerge che con riguardo all’area, oggetto di tassazione nelle annualità 2014 e 2015, per Corte di Cassazione – copia non ufficiale 9 cui è causa, l’assetto urbanistico di potenziale prevedeva una «seppur limitata potenzialità edificatoria», con conseguente incidenza «sul valore venale dell’epoca»;

5.6. ciò posto, è dato dunque rilevare che nella fattispecie in esame si versa in un’ipotesi di perequazione e non di compensazione urbanistica, in quanto non vi è un’area, prima edificabile e poi assoggettata ad un vincolo di inedificabilità assoluta;

5.7. l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale ad una «seppur limitata potenzialità edificatoria» incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile» (cfr. n. 23814/2016; conforme Cass. nn. 9529/2023, 5604/2022, 653/2022, 17764/2018);

5.8. ne discende che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile (cfr. Cass. nn. 24308/2016, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2008);

5.9. va pertanto esente da censure la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha correttamente affermato che la presenza di vincoli di inedificabilità non impediva di considerare la vocazione edificatoria di aree come quelle in oggetto, incidendo solo sul loro valore venale;

5.10. va quindi respinto il primo motivo di ricorso principale ed accolto il secondo motivo di ricorso incidentale;

6.1. il quarto motivo di ricorso principale ed il primo motivo di ricorso incidentale, da esaminare parimenti congiuntamente, in quanto strettamente connessi, sono fondati;

6.2. con riguardo alla stima del valore dei terreni la Corte di giustizia tributaria di secondo grado ha affermato quanto segue: « … non risulta che la parte pubblica abbia documentato l’esercizio, da parte del contribuente proprietario di diritti edificatori propri in altre zone del territorio comunale e del pari l’ente comunale non ha documentato la rimozione dei limiti nella zona interessata dal prelievo impositivo IMU con la conseguenza che, a fronte di una perizia di parte che ha prospettato una sensibile riduzione del valore di mercato delle aree solo potenzialmente edificabili, “non può che dedursi una media ponderata di riduzione del valore di mercato delle aree potenzialmente edificabili, a ricondursi nell’ambito equitativamente stimato di E. 50,00/mq., valore intermedio determinato dalle contrapposte esigenze dettate da disposizioni regolamentari ed interessi di parte, come sopra rappresentati, con conseguente riduzione dell’imposta”»; i Giudici di appello hanno poi aggiunto quanto segue:« … appare pertanto corretta una soluzione omogenea di accoglimento degli appelli, con rideterminazione, in parziale riforma della gravata sentenza, del dovuto in riferimento ad un valore di € 50,00 al mq. al posto di quello più alto (€ 94,92) sul quale è stata calcolata la pretesa imposizione (del resto, la ridotta appetibilità dei suoli nelle annualità in esame è confortata “ex post” anche dalla mancata edificazione e dalla mancata cessione di diritti edificatori)»; 6.3. ciò posto, in tema di IMU, al pari dell’ICI, ai fini della determinazione del valore imponibile, il giudice di merito, investito della questione, non può esimersi dal verificare che la misura del valore venale in comune commercio, attribuito ad un’area fabbricabile, sia ricavata in base ai parametri vincolanti tassativamente previsti dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 504 del 1992, che, per le aree fabbricabili, devono avere riguardo alla zona territoriale di ubicazione, all’indice di edificabilità, alla destinazione d’uso consentita, agli oneri per eventuali lavori di adattamento del terreno necessari per la costruzione, ai prezzi medi rilevati sul mercato della vendita di aree aventi analoghe caratteristiche, tenuto conto dell’anno di imposizione (cfr. Cass. n. 9529 del 2023; Cass. n. 11445 del 2018);

6.4. tali criteri, normativamente determinati, debbono considerarsi tassativi spettando al Giudice del merito di formulare una valutazione di merito che, nella misura in cui risulti congruamente motivata e rispettosa dei parametri normativi, è incensurabile in questa sede;

6.5. la Corte di giustizia tributaria di secondo grado non si è dunque attenuta ai principi dianzi illustrati, in quanto la sentenza impugnata è mancante di qualsiasi riferimento ai parametri vincolanti e tassativi indicati dall’art. 5 del d.lgs. n. 504 del 1992, non essendo dato neppure desumere gli elementi sui quali la relativa stima di parte (menzionata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado in relazione alla quantificazione del valore venale del terreno) è stata fondata;

7. alla luce di quanto sopra esposto, vanno accolti il quarto motivo di ricorso principale e il ricorso incidentale nei limiti di cui alla motivazione che precede, respinti i rimanenti motivi di ricorso principale, e la sentenza impugnata dev’essere cassata in relazione alle censure accolte con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, che provvederà a decidere la controversia facendo applicazione dei principi di diritto sopra esposti oltre che a liquidare le spese del presente giudizio di legittimità

                                                                           P.Q.M.

La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso principale ed il ricorso incidentale, respinti i rimanenti motivi del ricorso principale; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Dott.ssa Micaela Lopinto
Funzionario Tributario in Milano