Almeno due casi su tre di diritto di famiglia depositati presso il Federal Circuit and Family Court of Australia (“il Tribunale”) affermano che una o più parti hanno subito violenza familiare durante la vita di coppia. Questo aspetto del diritto di famiglia vede spesso un genitore temere che il proprio figlio o i propri figli trascorrano del tempo con l’altro genitore.
Quando un caso viene deciso giudizialmente nel contesto di problemi di violenza familiare, le seguenti opzioni sono di solito considerate in ordine di preferenza e possono essere utilizzate in combinazione tra loro:
- Tempo non supervisionato (in assenza di rischi inaccettabili);
- Tempo trascorso in comunità con supervisione;
- Tempo con supervisione presso un Contact Centre;
- Solo contatti telefonici/video regolari;
- Solo contatti limitati;
- Nessun contatto.
La definizione di violenza familiare è più ampia di quanto si possa immaginare. La sezione 4AB del Legge sul diritto di famiglia del 1975 (Cth) elenca alcuni esempi di comportamenti che possono costituire violenza familiare, come ad esempio: aggressioni, stalking, ripetuti insulti dispregiativi, aggressioni sessuali, comportamenti sessualmente abusivi, danni intenzionali alla proprietà, controllo finanziario irragionevole, isolamento da altri familiari e amici e controllo illegale della propria libertà.
Effetti sulla capacità genitoriale e sulla co-genitorialità
La genitorialità dopo una separazione può essere difficile, ma lo è soprattutto quando ci sono accuse di violenza familiare. Quindi, è possibile richiedere ordini che limitino il tempo trascorso da un bambino con un genitore a causa dello stress e dell’ansia che potrebbe causare all’altro genitore o al bambino a causa di una storia di violenza familiare?
Questo problema è stato discusso in un noto caso, dove il tribunale ha convenuto che rientrava nei poteri del giudice del processo stabilire che l’impatto negativo sulla madre di un bambino che trascorreva del tempo senza supervisione con il padre sarebbe stato dannoso per il benessere del bambino, e che tale considerazione superava in ultima analisi il beneficio di un padre che trascorreva del tempo senza supervisione con il bambino.
Ad oggi e’ chiaro che la decisione se il tempo trascorso da un genitore con un figlio debba o meno essere oggetto di supervisione dipende dai fatti di ogni singolo caso. Tuttavia, i principi enunciati dal tribunale nella sentenza in questione sono stati successivamente oggetto di discussione, quando la Corte ha cercato di chiarire il modo in cui tali principi dovrebbero essere presi in considerazione.
Nel caso in questione, il giudice del processo ha esercitato la propria discrezionalità, soppesando i fattori di rischio e ritenendo che fosse nell’interesse del bambino trascorrere del tempo senza supervisione con il padre. Questa discrezionalità è stata confermata in appello.
Il caso in questione era stato decisio sulla base del principio del “miglior interesse del minore” ai sensi dell’articolo 60CA della legge nel 1995.
È questo principio di supremazia che va bilanciato con il “rischio inaccettabile” per il bambino quando si considerano gli ordini parentali.
Di conseguenza, la Corte è cauta nel limitare il tempo che un genitore trascorre con un figlio a meno che non vengano presentate prove di peso sufficiente che vadano oltre una generica dichiarazione di timore.