E’ possibile inserire nel contratto disposizioni sulla scelta della legge applicabile, in quanto le parti sono libere di determinare quale legge disciplinerà la sostanza del loro contratto (lex contractus). Tale legge disciplinerà anche l’interpretazione del contratto.
Tuttavia, le parti non possono scegliere una legge straniera unicamente al fine di sottrarsi a disposizioni imperative di legge che sarebbero state, altrimenti, applicabili.
In tali casi, un tribunale può applicare tali disposizioni imperative indipendentemente dalla clausola di scelta della legge applicabile. Inoltre, un giudice può ritenere non applicabile la lex contractus quando i risultati della sua applicazione contrasterebbero manifestamente con l’ordine pubblico.
Se le parti non prevedono, espressamente, una clausola di scelta della legge applicabile, i tribunali possono:
- Determinare che vi sia stata una scelta implicita della legge applicabile tramite i comportamenti delle parti; oppure
- applicare le norme previste dal Regolamento (CE) n.593/2008 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I).
Ad esempio, un contratto di compravendita di beni è regolato dalla legge del paese in cui il venditore ha la sua residenza abituale.
I contratti legittimamente conclusi hanno forza di legge per chi li ha stipulati. Sia le parti di un contratto che i giudici che dirimono una controversia relativa al contratto saranno vincolati dai suoi termini.
Le parti possono anticipare le controversie inserendo nel proprio contratto alcune clausole che circoscrivono il margine interpretativo del giudice. Ad esempio, e’ possibile inserire una clausola che impedisca al tribunale di interpretare un contratto prendendo in considerazione eventi esterni o i comportamenti delle parti. Le parti possono, inoltre, concludere un accordo interpretativo per guidare ulteriori interpretazioni dei termini del contratto principale.
Nel decidere una controversia, un tribunale che si pronuncia nel merito può interpretare i termini ambigui di un contratto; tuttavia, i giudici non possono interpretare disposizioni chiare e precise.
I tribunali devono ricercare l’intento comune delle parti contraenti piuttosto che fermarsi al significato letterale delle parole contenute nel contratto. A tal fine, possono considerare i comportamenti delle parti, sia prima che dopo la conclusione del contratto, nonché il contesto dell’operazione.
Se i giudici non possono determinare l’intenzione delle parti, devono interpretare le clausole contrattuali in base al significato che una persona ragionevole posta in una situazione simile darebbe a tali clausole.
Le clausole di un contratto sono interpretate con riferimento alle altre clausole, attribuendo a ciascuna il significato che risulta dall’intero contratto. Quando una determinata operazione e’ oggetto di piu’ contratti, i giudici possono interpretare il significato di una disposizione di uno di tali contratti alla luce dell’operazione.
Inoltre, quando una clausola è suscettibile di due significati, prevarra’ il significato che può produrre un effetto piuttosto che il significato che non ne produrrebbe alcuno.
Quando nessuna delle suddette regole di costruzione è sufficiente per determinare il significato di una clausola contrattuale, quest’ultima deve essere interpretata:
- a favore del consumatore, quando il contratto disciplina un rapporto tra professionista e consumatore;
- a favore del debitore, quando il contratto è stato liberamente negoziato;
- a favore di chi non ha redatto il contratto, per i contratti standard.
Poiché le parti devono rispettare non solo le disposizioni contenute nel loro contratto, ma anche le consuetudini o le leggi di riferimento, i giudici possono determinare la presenza di obblighi che non erano espressamente incorporati nel contratto, come l’obbligo di garantire la sicurezza dei passeggeri in un accordo relativo alla fornitura di servizi di trasporto.
Le parti possono inserire clausole sulla gerarchia dei documenti contrattuali per determinare quali testi prevarranno in caso di contraddizione.