A seguito della pandemia di COVID-19, il lavoro a distanza è diventato una necessità. Nonostante l’allentamento delle restrizioni, il lavoro da remoto e’ ormai accettato da numerose aziende, ma occorre prestare attenzione alle conseguenze fiscali per i datori di lavoro internazionali.
Occorre, infatti, fare attenzione alla creazione di una stabile organizzazione (PE) o alla presenza di un agente che ha ed esercita l’autorità di concludere contratti per conto dell’azienda (Rappresentanza Permanente – PR).
Alcuni trattati fiscali offrono una definizione più ampia del concetto di fornitura di servizi e alcune giurisdizioni hanno introdotto modifiche temporanee alla legge o alle linee guida durante la pandemia per accogliere le persone che lavorano in remoto.
I datori di lavoro che sono fiscalmente residenti in una giurisdizione e assumono personale che lavora a distanza in un’altra giurisdizione devono, quindi, valutare i potenziali rischi del lavoro a distanza.
Un dipendente che lavora dalla propria abitazione generalmente non fa sorgere una stabile organizzazione.
Consentendo il lavoro a distanza, i datori di lavoro possono creare involontariamente una PE o PR in Germania o all’estero. La presenza di una PE/PR fa sorgere una responsabilita’ fiscale del datore di lavoro in altri stati ai sensi delle leggi fiscali nazionali, che a loro volta possono comportare obblighi, ad esempio, registrazione, presentazione di una dichiarazione dei redditi e distribuzione degli utili, eventuali sanzioni in caso di inosservanza e rischi di doppia imposizione.
Allo stesso tempo, i datori di lavoro possono essere soggetti all’obbligo di trattenere le imposte sui salari in Germania o all’estero. Ciò potrebbe richiedere l’adozione di processi interni aggiuntivi.
I datori di lavoro dovranno anche controllare e monitorare i cambiamenti in tema di contribuzioni del dipendente, il che può comportare procedure complesse con le rispettive agenzie di previdenza sociale.
Il diritto tributario tedesco definisce una stabile organizzazione come:
- Una sede fissa di affari, stabilita in un luogo distinto con un certo grado di permanenza – almeno sei mesi
- Su cui l’impresa contribuente ha potere di disposizione (diritto esclusivo e indipendente di accesso ai locali)
- ed in cui l’impresa contribuente svolge attività commerciali.
In termini di luogo di lavoro presso l’abitazione di un dipendente situata in Germania, il datore di lavoro, generalmente, non avrà il potere di disposizione, in quanto non ha pieno accesso ai locali del dipendente. Un luogo di lavoro presso l’abitazione di un dipendente, quindi, non costituisce, in generale, una stabile organizzazione, anche se il dipendente vi lavora quasi esclusivamente.
Se, invece, il lavoratore abita in un immobile di proprietà del datore di lavoro, o il lavoratore affitta i locali a proprio nome specificamente allo scopo di lavorare da quella sede per il datore di lavoro, i locali possono essere considerati una PE. Per le società non residenti in Germania, cio’ fa solitamente scattare l’obbligo di trattenere le imposte sui salari. E’, quindi, fondamentale per le aziende che risiedono fiscalmente all’estero verificare se il lavoro a distanza svolto al di fuori dei locali della società, ad esempio, a casa di un dipendente o in un hotel situato in Germania, possa creare una PE in Germania.
Se si presume una PE ai sensi del diritto tributario nazionale, una potenziale situazione di doppia imposizione può essere risolta da un trattato tra gli Stati interessati, a condizione che entrambi gli Stati concludano che è stata creata una stabile organizzazione.
La maggior parte dei trattati tedeschi sulla doppia imposizione segue la definizione di stabile organizzazione del modello di convenzione fiscale dell’OCSE, secondo il quale una stabile organizzazione si definisce come una sede fissa di affari attraverso la quale viene svolta, in tutto o in parte, l’attività di un’impresa.
Per quanto riguarda lo svolgimento di attività commerciali presso l’abitazione di un dipendente, in molti casi, queste saranno così intermittenti o accidentali che l’abitazione non potra’ essere considerata un luogo a disposizione dell’impresa e, quindi, non creerà una PE. Se, tuttavia, un ufficio in casa è utilizzato su base continuativa per svolgere attività commerciali per un’impresa, ed è chiaro dai fatti e dalle circostanze del caso che la societa’ ha richiesto al dipendente di utilizzare quella sede per svolgere la propria attività, ad esempio, non fornendo un ufficio al dipendente in circostanze in cui la natura dell’impiego richiede chiaramente un ufficio, tale posto di lavoro può essere considerato a disposizione dell’impresa, dando vita ad una stabile organizzazione.
Per mitigare il rischio di creare una PE durante la pandemia di COVID-19, l’OCSE ha pubblicato una raccomandazione non vincolante, secondo la quale il lavoro a distanza temporaneo reso necessario a causa della pandemia non crea una stabile organizzazione ai sensi della legge, in quanto non sono presenti il grado di permanenza dell’attivita’ o il potere di disporre dell’impresa necessari per la sussistenza di una PE.
E’ auspicabile l’adozione di un approccio coordinato a livello internazionale che rifletta il nuovo panorama lavorativo, sostenuto e promosso anche dall’OCSE per fornire ai datori di lavoro una serie definita di criteri chiari e comprensibili che consentano loro di determinare in quali casi le PE vengono create dal lavoro a distanza transfrontaliero.
Anche se l’abitazione del dipendente non crea una stabile organizzazione, possono comunque crearsi delle passività per l’imposta sul reddito delle società se il dipendente che lavora a livello transfrontaliero si qualifica come PR.
Un dipendente viene, generalmente, considerato un Rappresentante Permanente della societa’ nello stato in cui lavora se:
- agisce per conto di un’impresa;
- conclude abitualmente contratti per conto di tale impresa o svolge abitualmente un ruolo attivo che porta alla conclusione di contratti che vengono firmati senza apportare modifiche sostanziali da parte dell’impresa; e
- conduce trattative contrattuali da casa (situata in uno stato diverso da quello di residenza fiscale del datore di lavoro) con soggetti terzi, indipendentemente dal fatto che il contratto sia firmato o meno nello stato di residenza del datore di lavoro.
Quando si offre ai dipendenti l’opportunità di lavorare in remoto da un altro paese e’, percio’, consigliabile che tale attivita’ sia consentita in modo intermittente ed il datore di lavoro dovra’ intraprendere un esame completo di qualsiasi potenziale conseguenza fiscale innescata dalle attività di lavoro a distanza in un’altra giurisdizione.