Il Ministero dell’Interno e i tribunali per l’immigrazione sono enti pubblici e quindi hanno i il dovere di non agire in modo incompatibile con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
L’articolo 3 della CEDU stabilisce un divieto assoluto di tortura e di trattamenti o pene disumane o degradanti. Pertanto, il Ministero dell’Interno e il Tribunale dell’Immigrazione non possono prendere decisioni che violino tale articolo.
L’articolo 3 si applica ai casi di immigrazione in cui l’allontanamento di una persona dal Regno Unito la esporrebbe al rischio di subire un trattamento ai sensi dell’articolo 3 nello Stato di accoglienza.
È possibile richiedere il permesso di soggiorno nel Regno Unito in base all’articolo 3 CEDU. Il modulo di richiesta è FLR (HRO) per il permesso di soggiorno e SET (O) per il permesso di soggiorno a tempo indeterminato (dopo aver completato 10 anni di permesso discrezionale nel Regno Unito). I potenziali richiedenti devono essere consapevoli che i criteri per le richieste in base all’articolo 3 sono più rigidi: per molti, infatti, l’articolo 8 (il diritto alla vita privata, compresa l’integrità morale e fisica) garantisce maggiore protezione.
Su tale ultimo punto la Corte d’Appello si è preoccupata di sottolineare che “l’articolo 8 non fornisce una sorta di rete di sicurezza quando un caso medico non soddisfa i criteri dell’articolo 3. Nel caso di specie, era stato infatti chiarito che la mancanza di assistenza sanitaria nello Stato di accoglienza non comporta automaticamente l’applicabilità dell’articolo 8 CEDU ma può essere un fattore aggiuntivo rilevante nel bilanciamento con altri fattori che a loro volta fanno riferimento all’articolo 8″. Il fulcro dell’applicazione dell’articolo 8 è, in generale, la qualità della vita del richiedente e se l’allontanamento nel paese straniero avrebbe un effetto sufficientemente negativo sullo stesso”.
Da qui, il Ministero dell’Interno e i tribunali devono trovare un giusto equilibrio tra le considerazioni umanitarie sollevate dall’articolo 8 e l’interesse pubblico a mantenere il controllo dell’immigrazione e a garantire il rispetto dei diritti umani.
Questa politica è stata concepita per proteggere il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) e per dissuadere le persone dal venire nel Regno Unito in cerca di assistenza sanitaria gratuita, il cosiddetto “turismo sanitario”. Il Servizio Sanitario Nazionale subirebbe un carico intollerabile se il Regno Unito si offrisse di fornire assistenza sanitaria gratuita ed illimitata a tutti coloro che non hanno un diritto di soggiornare nel suo territorio. Ed e’ questo il motivo per cui tutti coloro che non si qualificano per rimanere nel Regno Unito in base alle norme in tema di immigrazione generalmente devono lasciare il paese, anche se ciò di fatto comporta delle difficolta’ dovute ad una malattia fisica o mentale.
Al contrario dell’art. 8, l’applicabilità’ dell’articolo 3 CEDU e’ assoluta e quindi, laddove siano soddisfatti i criteri, non possono essere tenute in conto altre considerazioni di interesse pubblico, come la criminalità e la salvaguardia dei fondi pubblici. Lo svantaggio e’ la rigidità’ dei criteri per la sua applicazione.
Quanto all’articolo 8, i criteri sono meno severi anche se, il solo fatto dell’assenza o inadeguatezza dei trattamenti medici – comprese le cure salvavita – nel paese di rientro, non può essere usato come criterio per dare applicazione all’articolo 8.
Il test per le richieste ai sensi dell’articolo 3
Le richieste ai sensi dell’articolo 3 comportano la suddivisione del procedimento in tre fasi:
- Causa prima facie
La fase 1 prevede che il richiedente sollevi un caso “prima facie” ovvero una causa che, se non contestata o contrastata, dimostrerebbe una violazione dell’articolo 3. A tal fine, è necessario dimostrare che esiste un rischio reale di un trattamento nel paese ricevente che comporti un declino grave, rapido e irreversibile della salute del richiedente con conseguenti intense sofferenze o una significativa riduzione dell’aspettativa di vita.
- Dissipare i gravi dubbi
In secondo luogo, se viene stabilito un caso prima facie, l’onere passa al Ministero degli Interni che deve dissipare “qualsiasi dubbio serio”. Ciò avviene sottoponendo il presunto rischio a un attento esame, considerando le conseguenze prevedibili dell’allontanamento per l’interessato nello Stato di accoglienza, alla luce della situazione generale e delle circostanze personali dell’individuo.
Lo Stato di rimpatrio deve verificare se le cure generalmente disponibili nello Stato di accoglienza sono (a) sufficienti e adeguate e (b) in che misura il richiedente avrà effettivamente accesso alle cure in questione.
- Garanzie individuali e sufficienti
Se dopo questa valutazione persistono seri dubbi, lo Stato che rifiuta l’accoglienza “deve ottenere dallo Stato di destinazione garanzie individuali e sufficienti, come precondizione per l’allontanamento, che il trattamento appropriato sarà disponibile e accessibile in detto Stato”. Se ciò non avviene, la richiesta ai sensi dell’articolo 3 deve essere accolta.